Nel complesso, le peculiarità del modello femminile di partecipazione al mercato del lavoro
portano alla luce un sistema di disuguaglianze, i cui effetti possono essere valutati tanto a breve
quanto a lungo termine. Le donne si inseriscono in settori e posizioni che garantiscono minore
riconoscimento sociale, opportunità di carriera più modeste, una ridotta capacità di influire sui processi decisionali. Non solo. Le loro traiettorie occupazionali risultano mediamente meno
remunerative, più brevi e frammentate, esposte come sono alla precarietà contrattuale, alla
disoccupazione, alla riduzione dell’orario di lavoro o all’inattività per ragioni che hanno a che
vedere con la cura dei figli o di famigliari non autosufficienti. Ciò finisce per istituzionalizzare una
condizione di dipendenza dal coniuge.
Le disuguaglianze di genere si manifestano anche per quel che concerne l’allocazione del tempo. Al
riguardo, nella popolazione adulta, a parità di tempo dedicato alle attività fisiologiche, tra le
donne si registra un impegno più prolungato nel lavoro domestico e nei compiti di cura, mentre gli
uomini trascorrono una parte più consistente della propria giornata dedicandosi allo studio e alle
attività lavorative […] Il che significa, in altri termini, che l’aumento della partecipazione
femminile al mercato del lavoro non sembra portare con sé una condivisione del lavoro domestico
e dei compiti di cura e dunque una discussione dei ruoli di genere, in buona parte dei nuclei
famigliari, aprendo così nuove disuguaglianze.
Laura Zanfrini, Sociologia delle differenze e delle disuguaglianze, Zanichelli, Bologna, 2011.