5CT – Laboratorio Debate _ Gruppo n. 2

L’Italia, come noto, ha registrato una diffusione relativamente lenta del computer e di internet rispetto agli altri paesi maggiormente industrializzati. Per quanto riguarda i divari digitali di genere, i dati ufficiali mostrano la persistenza di un significativo svantaggio femminile nell’accesso al computer e ad internet, che si annulla all’interno della categoria degli occupati, nonché tra i giovani in età scolare, i quali rappresentano la maggior fetta di utilizzatori. Divari digitali di genere si registrano anche relativamente alle capacità di utilizzo: in questo caso lo svantaggio femminile si ripropone per tutte le fasce di età, specie in riferimento alle abilità prettamente informatiche, anche se nella fascia giovanile non è molto ampio e si inverte nel caso di operazioni legate ad attività di tipo comunicativo come nelle presentazioni in power point. In una ricerca nazionale su Genere, LIM e ICT nella scuola secondaria di II grado, emerge come sia diversa la percezione dell’utilizzo dei media nei ragazzi e nelle ragazze. Gli studenti riferiscono degli inconvenienti incontrati nell’apprendere ad utilizzare la LIM, specie nella fase iniziale, in generale relativi alle componenti fisiche del dispositivo. Tali inconvenienti sono vissuti in maniera più disinvolta dai maschi, ai quali è di frequente attribuita una maggiore competenza tecnologica rispetto alle compagne, preoccupate invece di “fare una brutta figura”. Quando la LIM si inceppa il/la docente tende a chiedere aiuto agli studenti maschi, i quali, anche se non ricevono una richiesta esplicita, si alzano spontaneamente per intervenire. La legittimazione di tale “presunzione di competenza” tra i maschi, che chiaramente non coincide il più delle volte con una competenza accertata, né con l’esito positivo del loro intervento, appare ricollegabile alla tradizionale associazione simbolica del sapere tecnologico, in generale, e della cultura informatica, in particolare, all’universo maschile. Nel caso dei giovani, tale associazione passa spesso per lo stereotipo dell’adolescente “smanettone” che trascorre il suo tempo al PC o alla playstation acquisendo sul campo un sapere informatico esperto […]. Dai racconti degli studenti provenienti da contesti familiari di classe medio-alta merge la rappresentazione di una relazione di tipo più simmetrico tra genere e tecnologie informatiche, associata al processo di legittimazione della presenza femminile in campo scolastico e lavorativo. Viceversa l’incompetenza tecnologica femminile si conferma come costrutto simbolico di riferimento tra gli studenti appartenenti a contesti socio-economici nei quali il destino sociale delle donne ancora si modella prevalentemente attorno all’unità domestica, definendosi in maniera marginale rispetto all’uomo e ai figli (fulcro delle proprie attività domestiche e di cura) […].

In conclusione si può osservare come il caso studiato confermi che la competenza tecnologica non è un attributo innato dell’individuo, bensì una costruzione sociale che assume un significato variabile a seconda del contesto e delle consuetudini che si sedimentano nelle pratiche e nel linguaggio di cui è intessuto l’agire quotidiano.

Clementina Casula, Antonietta De Feo, “Mettere il genere dietro la lavagna multimediale?” in Rita Biancheri e Elisabetta Ruspini (a cura di), Interpretare il genere. Nuove tecnologie, dinamiche di salute e professioni, Pisa University Press, 2015