Di cosa siamo Capaci?

Articolo di Anna Taglioli

Si è svolta anche quest’anno, il 23 maggio, #PalermoChiamaItalia, l’iniziativa organizzata dal Ministero dell’Istruzione e dalla Fondazione Falcone in occasione delle celebrazioni del XXIX anniversario delle stragi di Capaci e di via D’Amelio.
La manifestazione di commemorazione delle stragi mafiose del ’92 è nata nel 2002 con la finalità di promuovere nelle scuole percorsi didattici orientati alla cultura della legalità e del rispetto, per lo sviluppo di una cittadinanza responsabile e attiva.
Il XXIX anniversario della Strage di Capaci è dedicato al tema delle infiltrazioni mafiose in Europa e al ruolo delle istituzioni europee, delle associazioni e dei cittadini nel contrasto alle organizzazioni criminali. Un approfondimento particolare va all’ndrangheta, l’organizzazione criminale più pervasiva, con un focus sui concetti di cittadinanza europea, sulla funzione dell’associazionismo nella lotta alle mafie e sulle azioni istituzionali e legislative contro il crimine organizzato.
Il titolo scelto per la giornata è “Di che cosa siamo Capaci”, una frase che vuole trasformare un evento terribile della storia italiana e internazionale in una valorizzazione delle storie positive, degli esempi di coraggio e di resistenza collegati alle mafie. Si intendono narrare la capacità dei cittadini di contrastare con l’etica del dovere, di cui Falcone è il rappresentante paradigmatico, le storture criminali della nostra società. In quest’ottica si realizza  la settimana della legalità, un raggio lungo di iniziative per tutte le scuole del territorio che trova corrispondenza nello spazio virtuale della Fondazione Falcone in cui i cittadini possono vedere video, documenti, pubblicazioni, approfondimenti sul tema. Esempio significativo ‘Spazio Capaci’, un progetto di memoria 4.0 che permette di ri-appropiarsi tramite l’arte dei luoghi che la pandemia non ha permesso di vivere e che rischierebbero di essere nuovamente utilizzati dalle organizzazioni mafiose; in questo modo alcuni tra i principali artisti italiani realizzano un programma di interventi urbani nei luoghi simbolo della lotta civile alle cosche. Contro la criminalità la bellezza e la cultura come simbolo di attivismo e di non rassegnazione, di riflessività e di lotta alla paura e al silenzio.
«Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore» scrisse Peppino Impastato, giornalista che ha lottato contro la mafia fino ad essere assassinato nel 1978.

Per tenere viva questa etica del dovere, imprescindibile per una felicità pubblica, la stessa etica che non è esplosa il 23 maggio del 1992 con i 500kg di tritolo ma che è risuonata con forza e con decisione, che è rimbalzata nelle gambe delle persone che hanno permesso a quelle idee di continuare a camminare, è necessario riflettere, conoscere, approfondire.
In quest’ottica si consigliano alcuni testi fondamentali presenti della nostra biblioteca: da Cose di Cosa Nostra e Un fatto umano, di cui potete trovare recensione nel nostro blog  – tra le testimonianze più significative della figura di Giovanni Falcone e delle vicende del pool antimafia -, alle documentazioni di alcuni dei magistrati più esposti della lotta alla ‘ndrangheta come Nicola Gratteri in La giustizia è una cosa seria e L’inganno della mafia – libri scritti con lo studioso dei fenomeni mafiosi Antonio Nicaso, e Raffaele Cantone, magistrato contro la camorra in Solo per giustizia. Per combattere la mafia non dobbiamo trasformarla in un mostro, ma riconoscere che ci assomiglia, solo così può essere demitizzata la sua invincibilità e può essere promossa un’azione significativa di contrasto che passi attraverso un’alleanza culturale, una educazione al senso civico, alla difesa della convivenza, ad una giustizia seria, espressione reale di scelte condivise.
Ricordiamo anche il libro Oltre i cento passi, scritto da Giovanni Impastato, fratello minore di Peppino, la storia di un testimone della lotta alla mafia, di una voce di denuncia che non hai mai smesso di parlare, supportata dall’ironia delle vignette di Vauro. Tra la casa di Peppino e quella del boss non ci sono davvero cento passi, si tratta solo di attraversare la strada, perché la mafia è ancor più vicina di quanto sembra anche se netto è l’abisso tra chi la permette e chi la combatte.

Infine, ci dà molto fastidio quando nelle scuole si parla della madia come di un fenomeno complesso, che difficilmente riusciremo a sconfiggere. Anche qualche magistrato si è permesso di fare questo ragionamento, che non fa altro che alimentare il pessimismo e la rassegnazione.
Non è affatto vero! La mafia si può sconfiggere! Ma bisogna avere il coraggio di dire che non l’abbiamo sconfitta proprio perché manca la precisa volontà politica di risolvere il problema.
Giovanni Falcone la pensava in questo modo quando parlava di mafia come di un fenomeno umano. Diceva della mafia: “Ogni storia, come ha avuto un inizio, avrà una fine…non sono marziani che vengono da altri pianeti, ma uomini in carne ed ossa come lo siamo noi…” E ancora: “la mafia ha ucciso i migliori servitori dello stato che lo stato non ha saputo proteggere…” Sarebbe il caso di studiare e far studiare nelle scuole il pensiero di Giovanni Falcone, che aveva le idee chiare fin d’allora, e cercare di interpretarlo nella maniera più corretta possibile. Nello stesso tempo dobbiamo renderci conto che la mafia non è soltanto un fenomeno criminale, ma soprattutto un problema sociale e culturale: bisogna lavorare anche in questa direzione per sconfiggerla. Con molta chiarezza e semplicità cerchiamo in tutti i modi di trasmettere questi valori, che sono l’eredità preziosa e vivissima del pensiero di Peppino.

Immediato il legame con il bel film i Cento passi, diretto da Marco Tullio Giordana, la storia del giovane Peppino Impastato e del suo rifiuto al legame con l’ambiente mafioso che il padre non ha la forza di rompere, sia per inerzia sia per proteggere la famiglia, mentre Peppino non esita assieme al fratello a denunciare i mafiosi e a sfidare il mondo nell’intenzione di cambiarlo. Questa intenzione al cambiamento, al non immobilismo, alla non accettazione, passa attraverso la consapevolezza della bellezza e della necessità di un futuro felice e condiviso.