Eterni secondi. Perdere è un’avventura meravigliosa

articolo di Anna Taglioli

La Giornata per i diritti umani è un evento storico di importanza mondiale, in questa occasione viene assegnato il Premio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e il Premio Nobel per la Pace e molte organizzazioni, governative e non, pianificano eventi significativi a riguardo.
Ogni Giornata Internazionale dei Diritti Umani ha un tema particolare per rendere questa celebrazione più efficace; il tema scelto dalle Nazioni Unite per il 2020 è “Colmare il divario delle disuguaglianze per raggiungere la giustizia sociale”.
La questione della disuguaglianza è infatti da rimettere al centro dell’agenda politica globale, per garantire l’equa partecipazione alla vita sociale, culturale, economica e politica dei cittadini, per tutelare dalle disparità e dall’invisibilità, per rispondere all’indifferenza a cui siamo relegati.
Fra le disuguaglianze anche quella relativa all’accesso alle attività sportive, lo sport acquista un ruolo chiave nella promozione dei diritti umani internazionalmente riconosciuti, attraverso lo sport con le sue logiche di rispetto e fair play le persone si percepiscono come più unite e le distanze sociali, culturali ed economiche sembrano assottigliarsi. Lo sport è in prima linea nella lotta alla discriminazione e nella garanzia di inclusivitá, per il superamento degli stereotipi sociali, necessario alla piena applicabilità del principio giuridico di eguaglianza.

In quest’ottica presentiamo e consigliamo la lettura del libro Eterni secondi, un viaggio semplice, che suda di verità, verso la ricerca della giustizia e della libertà, un testo scorrevole, per ragazzi e non, che hanno voglia di interrogarsi con curiosità, spirito critico e desiderio di scoprire, che si addentra nel terreno della disuguaglianza per percorrerlo senza paura.
Si tratta di  una raccolta di storie, dove lo sport è il viatico per  individuare la discriminazione e combatterla, valorizzando la diversità, là dove il combattimento non significa ‘arrivare primi’ quanto piuttosto riconoscersi vincitori.
A scrivere il libro è Rosario Esposito La Rossa, il primo libraio di Scampia che nel 2017 ha aperto la “Scugnizzeria”, la casa degli scugnizzi, “un luogo per lo spaccio di cultura dove prima si spacciava la droga”, dove centinaia di bambini si formano attraverso letture e attività educative e ludiche.
Eterni secondi raccoglie venti storie vere che hanno come protagonisti uomini e donne sportivi, si tratta in molti casi di veri campioni olimpici che hanno dovuto combattere contro ingiustizie, impedimenti e discriminazioni; è il caso di Vera Caslavka, ginnasta ceca costretta a rinunciare alle competizioni sportive per aver sostenuto le posizioni anti russe durante la Primavera di Praga, o di Terry Fox, atleta canadese che ha corso per il Canada con un tumore osseo per raccogliere fondi per la ricerca e che nonostante non abbia potuto concludere il suo cammino ha dato il via ad un cambiamento mondiale. Troviamo poi Emile Griffith, pugile nero e omosessuale, che uccise per sbaglio un uomo sul ring, perdonato in parte per il crimine ma mai per la propria omosessualità, Kathy Switzer prima donna a correre una maratona quando per le donne era ancora illegale e la tennista Billie Jean Moffit che si batté affinché le tenniste donne fossero pagate quanto i colleghi maschi.
Si tratta di uomini e donne che non arrivano primi, anche se avrebbero meritato tutti gli onori della vittoria, ma che scelgono di essere giusti, cogliendo o preferendo la sconfitta come un’opportunità per valorizzare la loro differenza e/o per dire “no” alle disuguaglianze, come farà l’atleta Luz Long, prototipo del perfetto ariano che si oppose a Hitler e arrivò secondo, lasciando sul podio un “negro” o Peter Norman che decise di protestare contro il malgoverno a favore degli aborigeni australiani, indossando la spilla dell’Olympic Project for Human Rigths, assieme ai due afroamericani Smith e Carlos e che fu costretto per quel gesto a lasciare l’atletica.
Affinché ci sia piena tutela e piena espressione dei diritti umani è necessario andare oltre il rispetto di quello che non è giusto fare, associandovi l’imperativo categorico di  quello che è giusto fare, si tratta di legare ad un imprescindibile diritto, il dovere morale nei confronti di se stessi, degli altri e di un futuro condiviso. Quando Kant, nel clima filosofico del Settecento, parlava dell’imperativo categorico, lo definiva il dovere per il dovere, io non mi comporto in maniera giusta per ricevere un premio in denaro o per guadagnare il Paradiso una volta conclusa la parabola terrena, o perché la legge mi punisce, mi comporto in maniera giusta perché è impensabile non farlo, perché per sopravvivere al futuro è necessaria una cooperazione, una co-tutela, una co-costruzione, perché il principio di rispetto e di responsabilità ha bisogno di una dimensione più ampia di quella del proprio villaggio amicale, ha bisogno di allungare il raggio alle generazioni future alle quali dobbiamo consegnare, ce lo insegna Jonas, un mondo migliore. Ecco che la formula kantiana dell’imperativo “agisci in modo da trattare l’uomo, così in te come negli altri, sempre anche come fine e non mai solo come mezzo” si amplia con il comando di responsabilità “agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra” (Jonas 2009).
Eterni secondi sembra lasciarci questa consapevolezza, la consapevolezza che riconoscimento sociale e valore umano non sempre vadano di pari passo, che dietro ad una apparente perdita possa nascondersi la vittoria più grande, quella dell’umanità che accompagna la lotta e la conquista vera dei diritti umani, associando a questo traguardo legislativo imprescindibile il senso morale necessario alla sua piena realizzazione, un senso morale, purtroppo, ancora lontano da essere collettivo.

 

Estratti dal libro. La storia di Peter Norman

Estratti dal libro. La storia di Kathrine Virginia Switzer

 

Riferimenti bibliografici

Kant [1788] (2006), La critica della ragion pratica, Laterza, Roma.
H. Jonas [1979] (2009), Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino.