Il lungo cammino dei diritti umani

articolo di Anna Taglioli

La giornata internazionale dei diritti umani si celebra in tutto il mondo il 10 dicembre e quest’anno coincide con il 62° anniversario dell’adozione della Dichiarazione Universale dei diritti umani, proclamata  a Parigi il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
La dichiarazione universale dei diritti umani è un testo imprescindibile nato dalla volontà di evitare il ripetersi delle atrocità commesse durante la Seconda guerra mondiale, dove l’eliminazione dell’altro in virtù della sua diversità ha seguito il metodo antropoemico (di esclusione, ghettizzazione, espulsione). I diritti umani diventano dunque la struttura necessaria e fondamentale sulla quale collocare la nuova società del post guerra, nella consapevolezza che tra dogmatismo e relativismo culturale fosse indispensabile una tutela internazionale per evitare il ripetersi dei crimini contro l’umanità e delle disuguaglianze di ogni genere, anche nelle loro stigmatizzazioni.
Come dichiarato all’epoca da un membro della commissione dei Diritti umani, l’organo incaricato di stilare il documento, «si percepiva chiaramente di partecipare ad un evento storico e veramente significativo, in cui era stato raggiunto un consenso sul valore supremo della persona umana, un valore che non era originato dalla decisione di un potere terreno, ma piuttosto dall’intrinseca dignità dell’uomo, che ha dato origine al diritto inalienabile di ogni uomo a vivere libero da violenza ed oppressione ed a sviluppare pienamente la propria personalità».
La Commissione dei Diritti umani, quale comitato creato dal Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite e composto da otto stati scelti sulla base del criterio della più ampia rappresentatività geografica, era presieduta da Eleanor Roosevelt, vedova del presidente americano Franklin Roosevelt, appassionata attivista politica e sostenitrice dei diritti umani.
Le donne giocano un ruolo fondamentale nella stesura del documento, è grazie ad esempio alla scrittrice e attivista indiana Hansa Mehta che viene adottata dalla commissione e inserita nella Dichiarazione la frase tratta dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 “tutti gli essere umani nascono liberi ed eguali”, sostituendo la dizione ‘uomini’ pensata nel contesto statunitense e considerata comprensiva anche delle donne (concetto all’epoca, e non solo, ampiamente diffuso) con quella di stampo francese di “essere umani”; frase dunque rivoluzionaria in termini di diritti delle donne e delle minoranze.
I lavori della commissione si aprirono nel 1947 e la prima stesura della Dichiarazione venne presentata nel settembre 1948, per poi essere adottata poco tempo dopo. Si tratta di un documento unico, redatto nel complesso periodo storico della Guerra Fredda, per cui il linguaggio dei diritti universali supera il dualismo ideologico nella sua esclusività, rispondendo alle aspettative di tutti.
Siamo davanti ad uno dei traguardi più importanti della storia del diritto internazionale e dell’umanità, un inizio decisamente rivoluzionario che ha portato ad uno storico processo di protezione dei diritti umani su scala universale, fornendo il fondamento per la stesura dei successivi Patto internazionale sui diritti civili e politici e Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e di molti altri documenti, trattati e convenzioni giuridicamente vincolanti.
La Dichiarazione è composta da un preambolo, dove viene riconosciuto il valore intrinseco di ogni uomo, evidenziando che la dignità rappresenta la base della libertà, della giustizia e della pace del mondo e da trenta articoli che incorporano i diritti inalienabili dell’essere umano. I primi due articoli ribadiscono i concetti cardine di dignità, eguaglianza, libertà, fratellanza, mentre gli articoli a seguire formulano tutti i diritti inalienabili, ovvero il diritto alla vita, contro la schiavitù e la tortura, il diritto all’uguaglianza davanti alla legge e alla presunzione di innocenza, il diritto alla libertà di movimento, di pensiero di espressione, di coscienza e di religione…
Particolarmente discusso anche oggi e fondamentale l’articolo 14 che sancisce il diritto di richiedere e ricevere asilo da guerra e persecuzioni, alla luce della difficile situazione migratoria e ripreso dalla vincolante Convezione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati.
Complessivamente la Dichiarazione universale si basa sull’idea di interdipendenza dei diritti umani e quindi lega ai diritti civili e politici quelli economici, culturali e sociali, garantendo il diritto alla sicurezza sociale, alla proprietà privata, al lavoro, all’istruzione, alla scelta libera dell’impiego, ad una equa remunerazione e ad un tenore di vita dignitoso.
Si tratta di una meta ancora da raggiungere nella sua interezza, poiché al riconoscimento dei diritti deve seguire la piena applicazione degli stessi per evitare che le violenze, le atrocità e le ingiustizie che ancora oggi governano la società globale, a discapito della dignità, dell’eguaglianza e della solidarietà, siano effettivamente superate.
E’ necessario promuovere, in quest’ottica, quella che Sen definisce la capacità per ogni persona di conseguire funzionamenti di valore, ovvero  i risultati sul piano fisico come quelli della salute, della nutrizione, della longevità, dell’istruzione, è fondamentale che siano garantiti assieme ai diritti quegli strumenti senza i quali il soggetto non può nemmeno sperare di rivendicare la propria libertà e di vederla effettivamente tutelata (Sen, 2006).
Noi possiamo avere un ruolo attivo in questo percorso, la cittadinanza passa infatti attraverso la conoscenza e la rivendicazione dell’applicabilità del diritto e attraverso il sentirsi parte di una collettività (decostruendo e ricostruendo le proprie influenze sociali), contrastando dunque il riprodursi di quella disuguaglianza sociale che fa della diversità il perno di una non equa distribuzione di potere, soldi e prestigio sociale, lavorando ai fianchi quei diritti inalienabili per l’affermazione giuridica dei quali abbiamo dovuto aspettare una seconda crisi mondiale.

Riferimenti bibliografici

A.Sen (2006), Scelta, benessere, equità, il Mulino, Bologna.