Estratti dal libro. La storia di Peter Norman

 

E’ il momento della premiazione. Peter si accorge che qualcosa non va. Smith e Carlos confabulano. La moglie di Smith ha comprato per “The Jet” un paio di guanti neri. Anche Carlos dovrebbe averne uno, ma li ha dimenticati al villaggio olimpico. I due afroamericani vogliono protestare contro le discriminazioni raziali negli Stati Uniti d’America. Saliranno sul podio scalzi per testimoniare la povertà dei neri americani, saliranno sul podio indossando i guanti neri per ricordare l’operato e le battaglie del Balck Power, le “pantere nere”, un’organizzazione rivoluzionaria afroamericana che negli Stati Uniti si batte per i diritti degli uomini di colore. Smith ha una sciarpa nera al collo, Carlos la felpa sbottonata per ricordare gli operai neri, una collana di perle scure per ricordare ogni afroamericano linciato. Peter Norman ascolta, guarda. Vede Carlos e Smith indossare la spilla dell’Olympic Project for Human Rights, il progetto olimpico per i diritti umani. Anche Peter ne vuole una, anche Peter vuole protestare contro il malgoverno italiano, a favore degli aborigeni australiani, di tutti i fratelli di tutti i colori. Peter consiglia a Carlos e Smith di indossare un guanto nero a testa. I due l’ascoltano. L’oro, l’argento e il bronzo dei 200 metri di Città del Messico salgono sul podio. L’inno americano cantato da chissà chi si interrompe quanto Smith e Carlos alzano al cielo il pungo nero. Lo stadio ammutolisce. Il mondo si ferma. Pochi istanti per fare la storia. Quella foto e quel gesto resteranno nella storia dei Giochi olimpici, mettendo in ombra l’impresa di Peter, un grandioso secondo posto  […] Peter Norman  è morto il 3 ottobre 2006 per un arresto cardiaco La sua bara è stata portata a spalla da Tommie Smith e John Carlos. Al suo funerale gli afroamericani diranno le seguenti parole: Peter non era statunitense, non era nero, non aveva il dovere di sentire quello che sentiva. Peter, però, era un uomo. Non ha alzato un pugno quel giorno, ma ha teso una mano. Adesso tornate a casa e raccontate ai vostri figli la storia di Peter Norman