Un cavaliere, di nome Gibello, prende parte ad una battaglia per la sua pulzella
54
Subitamente tutti i buon baroni
conti e marchesi della damigella
trovar lor armi e correnti roncioni:
ciascun s’armava e poi montò in sella.
Similemente fanno i compagnoni:
e’ mercatanti sono, a tal novella,
per esser fuori alla campagna presti
ché del combatter sono arditi e destri.
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Usciti fuori alla bella campagna,
quivi si cominciano a fare le schiere
de’ buon baron sanza avere magagna:
riguardan selle e ferri al buon destriere;
d’aver la zuffa verun se ne lagna:
ciascun vorrebbe pur esser primiere
a cominciar lo stormo cruso e aspro;
ciascun di ciò se ne crede esser mastro.
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Così re Tarsian fece guernire
ciò che bisogna a tutta la sua genti,
armati, presti a battaglia venire;
credendo della guerra più possenti
essere degli altri, e per non fuggire,
si fur più innanzi e sì come valenti
cominciaron lo stormo senza fallo.
Piacciavi, gente, udir come andò il ballo.
57
Or chi vedesse istormo incominciare
fedir di spade e di spunton tagliente,
balestra grosse aprire e diserrare,
lanciarsi come fa dragon mordente;
ciascun si briga alle spade menare;
quivi si vede qual è più possente;
qual taglia teste e qual gambe e braccia;
ciascun del ben combattere vi si avaccia.
58
Un cavaliere dello re Tarsiano
si fece innanzi con molto valore;
una gross’asta e’ si recò per mano
e ferì nello stormo con furore
ed abbatténe cinque giù nel piano.
Allora si cominciò sì gran romore
che pare che giù il secol venisse
e che lo’nferno del tutto s’aprisse.
59
Subitamente uno gli viene manco.
Un baccellier di quel Conte Vermiglio
con una lancia grossa, il guerrier franco,
scontrò quel cavaliere con gran periglio;
tal colo gli donò nel lato manco
che lo passo per ttto lo ‘nteriglio:
e morto cadde nel crudele stormo,
per quel ch’i’sent’e nel libro meglio mi informo.
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El figliuol del re con gran barnaggio
combatté con Gibel pien d’ardimento
dando e togliendo colpi di vantaggio
ciascun mostrava suo gran valimento.
Colla sua gente Gibel prode e saggio
aveva il fratello già sconfitto e vinto;
ma lo re Tarsian lo soccorrìa
e con due schiere allo stormo ferìa.
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Il Cavalier Nero di gran valore
allo figliuol del re ferìa per costa,
donando colpi di tanto vigore
che nessun può durare alla sua posta
sicché il figliuol del re è perditore,
non poté più durare questa proposta.
e ‘l buon conte Vermiglio di gran vaglia
dall’altra parte die’ al re la battaglia.
62
Gibel col popol suo di Gienutrisse
viene le schiere tagliando e fedendo,
e de’ campion del regno di Bramisse,
quanti ne scontra, egli ne va uccidendo;
il cavalier Nero fería tra esse,
cosí gran colpi dando e ricevendo,
ov’egli andava, isgomberar facea
coi suoi dugento cavalier, ch’avea.
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Duca di Serpentina si scontròe
col buon Gibello, combattendo a schiera,
e l’uno e l’altro a fedire s’andòe
infra la gente infiammata e fiera,
e sí gran colpo Gibel gli donòe,
morto l’abbatte sotto sua bandiera.
Gli scudi e gli elmi vi facien ta’ suoni,
parea che fosse balenar e tuoni.
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La battaglia era sí gravosa e dura,
l’aria e la terra n’era intenebrata.
Ferro non vi valea né armadura
contro a Gibel, ch’avea gente pregiata.
Chi pruova un colpo suo, per sua sventura
vorre’ tornarne a dirne l’ambasciata!
Re Tarsian colla sua gente stolta,
non potendo durar, misesi in volta.
65
Allor Gibel con suoi baron vedea
che contra a lui non era chi durasse.
Lo re e ‘l figlio del campo si partéa
Gibello fe’ bandir che non cacciasse
l’un contro all’altro, parlava e dicea:
– Viltá saria a fedire chi n’andasse. –
E fe’ sonar le trombe a ringioiarsi
e dentro la cittá a ritornarsi.