5AAF_Laboratorio Debate_Gruppo n. 1

Le aree semantiche che definiscono una donna sono quasi sempre denigratorie. Se discorre è
chiacchierona, linguacciuta, pettegola. Se ribatte è petulante, stridula, sguaiata, aggressiva. Gli
aggettivi fanno spesso riferimento all’acutezza del tono vocale, trasmettendo l’idea che il suono
della voce femminile aggredisca l’udito più di quanto potrà mai fare una voce maschile. Un gruppo
di uomini che parlano è consesso dialettico, un gruppo di donne è un pollaio. Se le donne giovani
sono galline, le donne anziane che parlano sono invece cornacchie, secondo un processo di
bestializzazione che tende ad accumunare tutte le voci di donna, giovane o vecchia che sia, a uno
scontato senso di fastidio. La donna socialmente gradita è una donna silenziosa, che diletta con
qualunque arte, tranne quella dell’oratoria. Il diritto di parola è in teoria quello più tutelato dalla
Costituzione, che non fa distinzioni tra uomini e donne nella potenzialità di espressione. Nell’agorà
mediatica la possibilità di parola per le donne è però molto più ridotta di quella degli uomini, sia in
termini di presenza che in quelli di opportunità. La rappresentazione femminile nei media italiani è
in grande misura ancora quella riservata a una creatura muta. La categoria televisiva della velina
bella e zitta è talmente diffusa nelle reti e perdurante nel tempo da non avere bisogno di citarne
esempi, anche nei talk show dove sarebbe possibile esprimersi con competenza condivisa accade
che le donne non siano quasi mai presenti o lo siano per motivi diversi dalla competenza. Il
risultato è che la sproporzione nella possibilità di parola tra i sessi ha educato per decenni lo
spettatore e la spettatrice italiani ad associare l’autorevolezza a un uomo e a vedere nella donna
che ha un parere l’eccezione che va motivata […]
Il silenzio è una virtù ma solo se sono le donne a praticarlo. Agli uomini nessuno chiede di tacere le
loro riflessioni interiori, anzi sono cosi sollecitati a condividerle che è lecito sospettare che prima
di parlare parecchi di loro non abbiano riflettuto a sufficienza.

Michela Murgia, Stai Zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più, Einaudi, 2021.